Secondo una leggenda l’unico momento in cui il cigno fa sentire la sua voce è negli istanti che precedono la sua morte. Il leone non è un animale silenzioso come il cigno, ma questo suo ruggito fu spettacolare per tutta la stagione e straziante al suo termine. Poi ci fu un nuovo oblio, peggiore di quello dell’estate del 1995.
La stagione 2011-12, piena di scelleratezze amministrative ed economiche ma vinta sul campo, è quella che maggiormente il pubblico siracusano oggi ricorda con rammarico, insieme a quella del 1994-95. L’esito fu lo stesso: fallimento e radiazione, ma i risultati in campo di questa stagione furono superiori.
Il presidente Luigi Salvoldi mise a disposizione del tecnico Andrea Sottil una bella squadra, partendo dalle conferme del portiere Paolo Baiocco, dei difensori Valerio Capocchiano, Giovanni Ignoffo, Davide Moi e Giorgio Lucenti, dei jolly Carmine Giordano e Antonio Strigari, dei centrocampisti Fernando Spinelli e Marco Mancosu e dell’esterno offensivo Liborio Bongiovanni.
Tra gli acquisti sicuramente quello più altisonante fu Davide Baiocco, ma anche Mariano Fernandez, Andrea Pippa, Vincenzo Pepe, Lucas Longoni, Mohamed Fofana, Adriano Montalto e Francesco Zizzari furono di livello e servirono a costruire una squadra forte in ogni reparto.
Gli azzurri esordirono nella coppa Italia maggiore battendo il Teramo e venendo poi eliminati dal Livorno, ebbero un buon impatto sul campionato pareggiando a Latina e battendo il Portogruaro ma subito dopo arrivò una fastidiosa interferenza: i primi due punti di penalizzazione. Sul momento, anche grazie alle dichiarazioni furibonde del presidente, il pubblicò non vide il segnale d’allarme, fiducioso nelle capacità del leader della società azzurra e credendo a ciò che dichiarava in conferenza stampa. Inoltre il Siracusa mieteva vittime a raffica conquistando punti su punti, e mettendo al tappeto Spezia e Trapani, le maggiori accreditate al salto di categoria.
A fine ottobre arrivarono ulteriori punti di penalizzazione e i malumori si resero più evidenti. Il presidente annunciava ricorsi ma intanto la gestione societaria rendeva vani i risultati incredibili ottenuti sul campo: tra il 20 novembre e il 7 febbraio arrivarono 7 vittorie, 3 pareggi e nessuna sconfitta. Ciononostante l’entusiasmo non fu quello che ci si aspettava per una squadra che lottava per il ritorno in B come 17 anni prima.
Febbraio però probabilmente fu proprio il mese in cui svanirono i sogni di vittoria del campionato, la sconfitta di Cremona e quella interna col Pergocrema resero la vetta irraggiungibile: -9 dal Trapani a 10 partite dal termine. Il match successivo, inoltre, era proprio a Trapani. Gli acquisti di Massimo Coda ed Emanuele Testardi, nel mercato invernale, almeno nell’immediato non avevano portato i frutti sperati.
La partita di Trapani fu entusiasmante dal primo all’ultimo minuto: dopo soli 5 minuti già un rigore per il Trapani (parato) e uno per il Siracua (segnato), poi tantissime occasioni tra due squadre che si affrontarono a viso aperto. Tra rigori, espulsioni, parate miracolose e scontri duri, gli azzurri espugnarono Trapani per 2-1, riaprendo il campionato e distruggendo il morale dei granata che prima si fecero superare dallo Spezia (che vinse il campionato) e poi persero anche i play off.
Il Siracusa a tornare realmente nella lotta per la vittoria del campionato non ci riuscì mai, ma conquistò un importante terzo posto, che sarebbe stato primo senza i 5 punti di penalizzazione. Al posto della promozione diretta derivante dalla vittoria del campionato, gli azzurri si trovarono a disputare i play off. La semifinale fu contro la temibilissima Virtus Lanciano, incontrata nelle ultime giornate di campionato e battuta per 1-0.
In Abruzzo il Siracusa cadde per 1-0, ma 7 giorni dopo sarebbe bastato vincere con qualsiasi risultato per passare il turno e giocarsi la finale. La partita di ritorno iniziò male, col vantaggio dei rossoneri, ma gli azzurri ebbero la forza e il carattere per pareggiare e portarsi in vantaggio. Al 63’ però il Lanciano pareggiò con una punizione di Mammarella, corteggiatissimo dal Siracusa in estate, un affare che non andò in porto solo per questioni economiche e che pagammo ancora più caro a fine campionato.
In estate calò come una mannaia l’esito che più o meno tutti si aspettavano: la radiazione. Tutti quei punti di penalizzazione non sarebbero arrivati se la società fosse stata solida come il presidente aveva ripetuto tutta la stagione. E se a gennaio anziché vendere qualcuno e risanare le finanze si provò ad acquistare ancora, ma la promozione in serie B non arrivò, ecco che il destino fu inevitabile.
A Siracusa abbiamo già vissuto un miracolo, il 30 agosto del 1953 (proprio l’estate da cui manchiamo dalla serie B), quando pianse la Madonnina, chiederne un altro per motivi banali come il calcio sarebbe stato inopportuno e blasfemo. Nell’estate del 2012 a piangere furono i tifosi del Siracusa, da quegli stessi occhi che per una stagione intera si erano spalancati a vedere le gesta incredibili di una grandissima squadra, di grandissimi calciatori. Su tutti, Mancosu e Coda furono quelli ad avere le carriere più brillanti, approdando in serie A. Per il Leone, invece, finito il ruggito, come il canto del cigno, iniziava un nuovo e più bruciante oblio.
Tra il disinteresse generale della classe politica e imprenditoriale, fu lo stesso popolo aretuseo ad organizzarsi per iscrivere una nuova società al gradino più basso del calcio italiano, per provare la scalata e dimostrare che anche in ginocchio, Siracusa non muore mai!