Gli anni Trenta condussero il sodalizio azzurro ad avere notevoli cambiamenti. Infatti, cessato il sostegno economico della famiglia Gargallo, la compagine aretusea del presidente Luigi Santuccio ebbe come nuova denominazione Società Sportiva Syracusæ e come simbolo l’aquila turrita, emblema della città, che però fu ufficializzato definitivamente soltanto nel dicembre del 1942; tale mutamento fu una trovata degli esponenti del fascio locale, che ebbe come fine la rievocazione della storia Romana di Siracusa.
La stagione 1930-31, tuttavia, non fu per nulla entusiasmante: gli azzurri guidati dall’ungherese Robert Winkler ottennero un mediocre nono posto nel girone E di Prima Divisione, in un torneo che vide la Salernitana qualificarsi al girone finale; tra i calciatori del Syracusæ di quell’annata si distinsero sicuramente il veterano Medoro Bagnoli (centravanti riadattato al reparto difensivo), l’aretuseo doc Marcello Gallitto (proveniente dalle riserve), il bomber milanese Alberto Macchi (miglior realizzatore degli azzurri con dieci reti stagionali) ed il centravanti Daniele Moruzzi (campione d’Italia con la maglia del Genoa nel 1923 e nel 1924). Recentemente, grazie a un blog cosentino, siamo venuti a conoscenza dell’utilizzo, per doveri di ospitalità, di una maglia giallorossa da parte della squadra siracusana, proprio durante l’incontro casalingo tra aretusei e silani del 30 Novembre 1930 (5-1 finale).
Nella stagione successiva, 1931-32, la squadra venne affidata ad Antal Mally, il quale sostituì il connazionale Winkler; in seguito al fallimento della Biellese, la compagine siracusana riuscì ad ottenere progressi tangibili. Infatti dai bianconeri giunsero in blocco in terra aretusea il difensore Secondo Finotto, il portiere Mario Vialardi ed il centrocampista Domenico Greppi, tutti grazie alla mediazione di un altro biellese, Pietro Salussoglia, ormai da anni veterano in maglia azzurra. Questo “Siracusa dei piemontesi”, come venne soprannominato dal buon Nuccio Spada, si classificò al terzo posto alle spalle di Salernitana e Messina, a un passo dalla qualificazione al girone finale; altri importanti innesti furono quelli di Paolo Vigna (proveniente dal Vomero, ma con un recente passato nella Juventus), di Vincenzo Lumia (proveniente dal Bari, ma già amatissimo calciatore del Gargallo Siracusa di fine anni Venti) e di Benedetto Benedetti (proveniente dal Montecatini e miglior realizzatore azzurro con ben ventidue reti).
La stagione 1932-33, a differenza della rosa e dello staff (rimasto sostanzialmente lo stesso del campionato precedente) portò importanti novità; tra tutte, il cambio di denominazione in Società Sportiva Siracusa. Diverso fu anche l’impianto di gioco degli aretusei: infatti, in occasione della prima di campionato Siracusa-Nissena del 2 ottobre 1932 (terminata con una schiacciante vittoria azzurra per 5-1) venne inaugurato il nuovo Stadio del Littorio (dal 1936 divenuto ufficialmente Stadio “Vittorio Emanuele III”), abbandonando definitivamente l’impianto dei Baraccamenti Coloniali di Via Von Platen. Altra importante novità fu l’esordio di un inno che accompagnava l’ingresso in campo delle due squadre. Il testo, intitolato “La Canzone degli Azzurri” (composto nel 1931 da Salvatore Grillo, con musica di Franco Patania) citava le nobili origini della città di Siracusa e le gesta dei “leoncelli” in maglia azzurra (così erano soprannominati sin da fine anni Venti, nonostante l’aquila turrita come simbolo); fu la prima squadra in Sicilia e una delle prime in tutto il Meridione ad avere un proprio inno. La stagione culminò con un emozionante testa a testa tra Catanzarese e Siracusa, entrambe giunte al primo posto a pari merito; purtroppo a spuntarla furono i calabresi grazie al gol di Brossi al 75’, nel famoso spareggio del Vomero del 7 Maggio 1933 (lo stesso impianto che nel 1971 vide il trionfo aretuseo della monetina sul Cantieri Navali). Da sottolineare, inoltre, due prestigiose amichevoli al Littorio contro la Comense (militante in Serie B) e gli ungheresi del Somogy, vinte dagli azzurri rispettivamente 3-2 e 4-3 (30 ottobre 1932 e 1 Gennaio 1933).
Il campionato di Prima Divisione 1933-34 vide la compagine del neo-presidente Sebastiano Iapichino affidarsi all’esperto triestino Mario Olenich, proveniente dalla Fiorentina, nel duplice ruolo di allenatore-calciatore; i pilastri di quel Siracusa furono i confermati Luigi Ferrario, Secondo Finotto e Pietro Salussoglia, assieme ai nuovi arrivati Augusto Cristina (dal Luino), Antonio Gamna (dalla Juventus Trapani, ma già ex azzurro ai tempi del Gargallo) e Corrado Cavazza (dalle riserve del Bologna, autore di ben 23 reti). Doveroso sottolineare anche l’amichevole internazionale contro gli ungheresi del Budai del 1 Gennaio 1934, match ricco di emozioni, terminato con il risultato di 2-2. Il Siracusa, alla fine, riuscì nell’impresa di qualificarsi al girone finale, avendo ottenuto il secondo posto alle spalle del Catania; pertanto etnei ed aretusei vennero collocati in due diversi mini-gironi da quattro squadre. Ma se i rossazzurri riuscirono agevolmente a vincere il proprio girone, per gli azzurri fu davvero un’amara illusione: il pareggio a Lucca del 13 Maggio 1934 contro la grande favorita, aveva in qualche modo fatto ben sperare la compagine siracusana che, sette giorni dopo, batterono in casa il Monza per 2-1. Sulle ali dell’entusiasmo, il Siracusa sconfisse in casa per 2-0 anche il Pescara, in attesa del big match contro la Lucchese del 24 Giugno 1934. Ma i toscani erano troppi forti e la doppietta di Andreoli riportò i supporters siracusani con i pedi per terra; le speranze per riagguantare i rossoneri erano ridotte al lumicino. Tuttavia gli azzurri, con la strabiliante vittoria per 5-3 in terra brianzola il 1 luglio 1934, si sbarazzarono del malcapitato Monza; ma la Lucchese vinse anche contro il Pescara, rendendo vano ai fini della classifica il successivo match in Abruzzo del Siracusa contro i biancazzurri (terminato 1-1). Dunque la Lucchese con 11 punti, frutto di cinque vittorie e un solo pareggio (nella prima contro il Siracusa) andò meritatamente in B.
Nel campionato di Prima Divisione 1934-35 si passò, ironia della sorte, dall’obiettivo sfiorato, al disastro. Si, disastro... non esiste termine più azzeccato di questo per sintetizzare tale stagione. Gli aretusei del nuovo tecnico ungherese Gyula Lelovich, con una rosa che contava solo pochi fedelissimi, come Finotto, Salussoglia e Cristina e con una serie di nuovi innesti, quali Umberto Ambrogio, Giuseppe Aloè (entrambi provenienti dalle giovanili), Giulio Landoni (padre di Graziano, futuro allenatore del Siracusa nel 1982) e Silvano Stoppa (dalla Reggina) non fu in grado di terminare la stagione sportiva. L’assenza di Pioletti, che sino ad allora era rimasto all’interno della società, si fece sentire; fu mandato con il suo 75° Fanteria in Abissinia a combattere le truppe del re etiope Hailè Selassiè. Tornando al calcio giocato, dopo un discreto inizio del Siracusa, si raggiunse il punto di non ritorno: erano finiti i soldi e affrontare le trasferte divenne una vera chimera; ciò diede origine a una vera e propria diserzione di massa (il primo fu mister Lelovich che abbandono improvvisamente la società e la squadra). Dopo un’anonima amichevole contro un compagine di nome Mediana, terminata sull’1-1, arrivò la definitiva radiazione dei leoncelli azzurri con il comunicato della FIGC del 27 Marzo 1935; i calciofili aretusei conobbero il primo vero fallimento e, per oltre due anni, dovettero accontentarsi di assistere ai campionati giovanili fascisti, per vedere un po’ di “iocu ro palluni” nella città di Archimede. Giunse finalmente il 1937 e il segretario del fascio cittadino, il dottor Moncia, creò una società chiamata Comando Federale Siracusa; tale compagine, poco prima dell’inizio dei campionati, venne iscritta al torneo regionale di Prima Divisione (divenuta quarta serie con la nascita della Serie C nella stagione 1935-36) e denominata Associazione Sportiva Siracusa, con presidente il tifosissimo Pierluigi Romano, fratello del noto giornalista Lino.
Nella stagione 1937-38 avvenne la vera consacrazione del Leone, divenuto ufficialmente il simbolo del sodalizio aretuseo. Il campionato fu quasi un monologo a tinte azzurre, poiché, dopo aver avuto agevolmente la meglio sulle riserve del Catania e del Messina, sulla Messinese e sulla GUF Messina, sconfissero le riserve del Palermo nella finale regionale (2-2 all’andata, 3-1 al ritorno in casa del 17 Aprile 1938). I Leoni erano tornati in terza serie, nella nuova Serie C, con una rosa guidata dal livornese Fioravante Lenzi (capitano e allenatore) e composta da tantissime vecchie e nuove conoscenze aretusee, quali Marcello Gallitto, Umberto Ambrogio, Pasquale Abela, Giuseppe Aloè, Francesco Barcio e Pietro Cancellieri.
Infine, nella stagione 1938-39, gli azzurri di mister Umberto Zanolla conquistarono un ottimo secondo posto, alle spalle del Catania; una rosa composta dai reduci Cancellieri, Ambrogio, Gallitto e Barcio, ma anche da tanti calciatori di categoria, quali Sergio Peresson (dall’Udinese), Oronzo Pugliese (dal SIME Popoli), Alvise Spanghero (dal Pieris), Vittorio Coccolo, Antonio Martinolli (entrambi dal Taranto), Vittorio Bearzi, Sergio Russinov ed Augusto Toso (dall’Ampelea Isola d’Istria). Inoltre, causa forfait interno degli azzurri, venne rimandarono l’esordio assoluto in Coppa Italia alla stagione successiva.