Con la collaborazione del sito ilSiracusano e di altre testate giornalistiche che citeremo nell’articolo, abbiamo cercato di ricostruire l’orribile estate calcistica siracusana del 2019, con la speranza di non dover più scrivere pagine simili nella storia del nostro amato Leone. Andiamo con ordine.
Il 5 maggio ricorda una famosa ode di Alessandro Manzoni scritta in occasione della morte di Napoleone Bonaparte, ma nel 2019 siracusano racchiude al tempo stesso una data di fine e una di inizio.
La data di fine cui si fa riferimento è, chiaramente, quella in cui si chiuse la stagione 2018-19, colma di malumori, tanto amaro in bocca e poche, pochissime soddisfazioni.
La stessa data è, quindi, anche un inizio, un inizio sbagliato. Avrebbe dovuto essere l’inizio della pianificazione della nuova stagione, così come spesso detto dal presidente Giovanni Alì o dal direttore Nicola Santangelo, ma la gente si sarebbe accontentata anche che fosse stata la data di inizio delle trattative per la cessione della società. In realtà inizio e fine coincisero ben più di quello che ci si poteva aspettare, perché se è vero, come detto, che fu la data in cui finì una stagione, fu anche la data di inizio di una nuova fine, quella del Leone.
La data segnata in rosso nel calendario di ogni tifoso azzurro era quella del 24 giugno, scadenza dei termini per l’iscrizione in serie C. Nelle interviste rilasciate ai vari quotidiani, Alì e Santangelo inizialmente negarono qualsiasi problema economico e parlarono di come stavano progettando la successiva stagione, obiettivi, calciatori, organizzazione migliore e assoluta volontà di non avere nuovamente penalizzazioni in classifica. Ma il tempo passava e l’iscrizione continuava a non essere formalizzata.
Qualche accenno a trattative saltate per l’allargamento della base societaria, venne fuori solo nell’ultima decade di maggio, con tempistiche ormai inesorabilmente strette.
Il 3 giugno, ad un mese dalla conclusione del campionato, la dirigenza finalmente decise di uscire allo scoperto comunicando che tutte le trattative erano saltate e che quindi se si fosse arrivati alla data del 24 giugno senza nuovi soci o nuovi sponsor non ci sarebbero state le condizioni per effettuare l’iscrizione al campionato di serie D 2019-20 (MagazinePragma).
Giorni di attesa nella speranza che qualcuno potesse salvare il Leone, voci di corridoio rassicuranti seguite da altre che preannunciavano la catastrofe, nomi di imprenditori e cordate ma tutto immobile, come il primo aggettivo utilizzato nell’ode di cui sopra. Il 21 giugno la società comunicò in maniera piuttosto insolita la mancata iscrizione: non in pubblico, in conferenza stampa, ma attraverso un lapidario messaggio sui canali social. Il Leone aveva dato il mortal sospiro.
Passato il 24 giugno senza l’iscrizione e passato anche lo sgomento iniziale, si provò a capire lo scenario possibile per il futuro della squadra.
Intanto, in altre storiche piazze del Meridione, Palermo e Foggia, la mancata iscrizione ai campionati di serie B per i siciliani e di serie C per i pugliesi, venne affrontata cercando (e trovando) il modo di iscrivere le due squadre in serie D secondo le direttive dell’ex “Lodo Petrucci” (ora Giorgetti), come già fatto l’anno prima da Bari, Avellino e Cesena. Così il 26 giugno il comune avviò l’iter ma attese addirittura il 16 luglio per pubblicare l’avviso di indagine conoscitiva per l’individuazione della nuova società che avrebbe dovuto iscrivere il Siracusa in serie D, il cui termine era previsto per il 29 luglio. Poco, pochissimo tempo per trovare soci e fondi, oltre 300.000 €, contro il milione richiesto (e trovato) per salvare il Palermo.
Le iniziative imprenditoriali furono pressoché nulle, quelle politiche poco incisive: una tifoseria che non si era scaldata per provare a mantenere la serie C come avrebbe potuto farlo per la serie D? A nulla portò la pur lodevole iniziativa di sottoscrizione di abbonamenti a scatola chiusa, promossa dal consigliere comunale ex presidente e calciatore del Siracusa Gaetano Favara, che pure ebbe un discreto successo, ma che in termini di budget non fece raggiungere neanche la metà di quanto auspicato dagli organizzatori.
C’era anche da capire la tifoseria aretusea, che dalla rifondazione del 1937 all’estate del 1995 per quasi 60 anni aveva visto un solo club, che negli anni aveva sì cambiato ragione sociale e stemma, aveva vissuto più volte la delusione della retrocessione, ma in quei 58 anni non aveva mai visto un fallimento. Quello del 1995 fu devastante perché aveva rotto una tradizione che andava avanti da molti decenni. Quello del 2012 fu altrettanto devastante, perché fece capire al tifoso che doveva iniziare ad abituarsi all’idea di fallimenti ravvicinati dopo lente risalite. Quello del 2019 probabilmente non aggiunse altro ad una tifoseria ormai ridotta ai minimi termini in quasi un secolo di storia. 58 anni per un fallimento, 17 per il successivo, addirittura solo 7 per quello ancora dopo. Se nella serie D del 2003 si avevano 3.000 spettatori di media nell’arco della stagione, non c’è da stupirsi dei 1.200 nella serie C del 2019, né di una mancata iscrizione passata tra l’indifferenza generale, né –infine- per il poco successo riscosso da una campagna finalizzata all’iscrizione in serie D.
L’unica manifestazione di interesse alla data del 24 luglio, fu quella di Giancarlo Travagin, imprenditore di Verbania, di origini siracusane. Non si ebbe nemmeno il tempo di prendere fiato che il sindaco dichiarò incompleta la documentazione presentata da Travagin riaprendo contestualmente i termini del bando.
Mentre Travagin annunciava azioni legali contro il sindaco, raccontando di un “fuoco di sbarramento voluto da un consigliere comunale capo ultras con interessi politici” e mettendo in dubbio la legittimità dell’azione amministrativa messa in atto dal primo cittadino, il sindaco rispondeva per le rime manifestando a sua volta di voler agire contro Travagin per le sue dichiarazioni.
Nella non lontana Palermo, intanto, la stessa situazione si era già fronteggiata e risolta con numeri ben diversi: alla gara per l’assegnazione della squadra rosanero si erano presentati in molti ed era già stato selezionato il vincitore. Nella stessa giornata del 24 luglio, il sito “Mediagol.it” (affiliato a “la Gazzetta dello Sport”), aveva pubblicato un’inchiesta sul misterioso “Zurich Capital Funds” che in quella gara era stato tra gli sconfitti. Ne era uscito che sul loro sito internet, molto spartano con testo scritto in un inglese sgrammaticato, non erano presenti i dati societari che potessero associare sito internet e fondo a un rappresentante legale o a una società. Inoltre l’azienda non figurava nel database inglese delle aziende chiamato “Companies House”. Il logo stesso era copiato dallo stemma della Georgia con alcune modifiche grafiche grossolane, e infine agli indirizzi indicati nel sito vi erano sedi di altre aziende.
Il 27 luglio il sindaco annunciò la ricezione di una nuova manifestazione di interesse e l’emittente siracusana TRIS svelava come era arrivata. In pratica era stata l’entourage del sindaco Francesco Italia, su indicazione dell’avvocato Paolo Giuliano (nella dirigenza azzurra nell’era Salvoldi), tramite l’agente FIFA Beppe Accardi a contattare Alfredo Maiolese, rappresentante dello Zurich Capital Funds in Italia. Esclusi da Palermo, invitati a Siracusa. Il sindaco stavolta accreditò la società presso la FIGC per il completamento della procedura di iscrizione ma alla data del 29 luglio, termine ultimo per chiedere l’ammissione alla serie D, non solo la Lega non aveva ricevuto la cifra stabilita, ma nessuno si era neanche presentato presso la sede della FIGC a Roma.
Sparita anche questa possibilità, mentre Maiolese dichiarava di cercare casa a Siracusa per seguire meglio la squadra e ringraziava il sindaco e l’avvocato per l’occasione che gli avevano concesso, in città i pochi reduci da questa orribile vicenda si interrogavano sulle sorti del club.
La situazione calcistica in città, a dire il vero, presentava delle alternative più o meno valide: squadre che, cambiando nome, logo e colori sociali, avrebbero potuto raccogliere il testimone azzurro e portare avanti una tradizione calcistica quasi centenaria. Certamente non una cosa da poco, abbandonare i progetti iniziali per raccogliere la sfida di puntare più in alto, di andare tra i professionisti, soprattutto considerati i costi altissimi e i ripetuti fallimenti degli ultimi anni. Provare la scalata correndo un grosso rischio, o in alternativa dover rinunciare al proprio progetto cedendolo a qualcuno con la voglia di correre quel rischio.
Il Real Siracusa Belvedere neopromosso nel campionato di Eccellenza rappresentava certamente l’ipotesi migliore, dal fallimento si sarebbero perse solo 2 categorie, ma il presidente Antonello Liuzzo scartò immediatamente l’ipotesi, dichiarandosi non interessato a fare della sua squadra la prima squadra della città. Nel campionato di Promozione figurava la RG Siracusa e in quello di Prima Categoria il Santa Lucia, scenari decisamente poco invitanti e nessuna intenzione di farsi avanti.
Il 3 agosto l’ipotesi di un anno sabbatico, senza alcuna squadra a rappresentare l’identità cittadina, svanì quando Gaetano Cutrufo, il presidente che aveva venduto il Siracusa ad Alì nel 2018, pubblicò sul suo profilo social la foto di un leoncino che si specchia in una pozza di acqua e nel riflesso vede se stesso da grande, un leone forte e potente. Il messaggio era chiaro: il Siracusa stava rinascendo, nel campionato di Promozione.
Buona parte dei tifosi accolse la notizia con un certo sollievo, ma altri, una minoranza a dire il vero, ipotizzando una manovra politica (come dichiarato pochi giorni prima da Travagin) creata ad arte per indirizzare il Siracusa al fallimento e quindi restituirlo a Cutrufo, riempirono la città di scritte offensive nei confronti del presidente e di Favara (probabilmente il “consigliere ultras” di cui parlava Travagin).
Inizialmente Cutrufo manifestò l’intenzione di tirarsi indietro, lasciando perdere il Siracusa calcio al suo destino, ma tornò sui suoi passi pochi giorni dopo ed iscrisse il Siracusa al campionato di Promozione, 3 categorie più in basso dell’estate prima.
A distanza di 4 mesi si passò quindi dalla trasferta di Monopoli a quella di Pozzallo, con pochi tifosi al seguito ed inferociti contro il presidente, al termine di una estate in cui bisogna ammettere che nessun imprenditore siracusano si era fatto avanti presentandosi come alternativa a Cutrufo.
E, per tornare all’ode di Manzoni, ai posteri l’ardua sentenza.