La terza stagione di presidenza di Salvoldi doveva ancora iniziare e la pazienza della piazza era già finita. Fino all’estate del 1995, in 71 anni di storia, escluse 2 stagioni in cui siamo stati assenti dal panorama calcistico italiano, il Siracusa aveva disputato solo 4 campionati dilettantistici su 69. La dodicesima stagione consecutiva tra i dilettanti non era ancora iniziata ma mostrava già alcuni errori visti più e più volte in Eccellenza con la famiglia Lanza e nelle precedenti stagioni proprio con Salvoldi.
Innanzitutto il totale reset tecnico: via tutti i calciatori, l’allenatore, il direttore sportivo per prendere elementi nuovi senza dare un minimo di continuità a quanto già fatto, che assolutamente non era da buttare via. Un errore già visto. In secondo luogo, il nuovo direttore sportivo, l’allenatore e ben 8 calciatori arrivarono dalla Paganese, che l’anno prima aveva dominato il girone H di serie D vincendo pure la poule scudetto, nella speranza di ripetersi a Siracusa nel girone I. Anche questo un errore simile ad altri già visti. Infine il budget, da “all in” alla roulette, perché i vincenti si pagano a caro prezzo. Questo, più che errore, andrebbe definito orrore.
Il direttore sportivo Antonio Ciccarone mise a disposizione del mister Domenico Giacomarro il portiere Angelo Casadei, i difensori Sandello Alletto, Maurizio De Pascale, Giovanni Iodice, Antonio Longobardi, Donatello Marcosano, Luca Pannozzo e Giuseppe Tomacelli, i centrocampisti Giuseppe Dima Ruggiano, Fabio Nuvoli, Gaspare Pellegrino e Maurizio Perrelli, il trequartista Carmelo Bonarrigo, gli attaccanti Matteo Federici, Giancarlo Ferrara (che tornò dopo 13 anni), Nicola Mandarano e Gaetano Romano.
Una rosa di altissimo livello, completata successivamente con l’ingaggio di Alex Lieti e Vincenzo Chiariello in difesa, Giacomo Bontempo e Gennaro Di Maio a centrocampo, Luigi D'aniello e Roberto Palumbo in attacco, quest’ultimo per sostituire Ferrara, vittima di un infortunio che mise fine alla sua stagione all’11ª di campionato. Federici e Mandarano giocarono pochissime partite.
Già in coppa, passando il turno contro il Paternò, si erano notati subito alcuni limiti difensivi: squadra molto spregiudicata, forse troppo, che segnava tanto ma subiva parecchi gol, anche per un portiere juniores che non dava molta sicurezza alla difesa. Sul polveroso campo di Favara il modesto Licata fermò il Siracusa alla 2ª giornata e i primi musi si allungarono. Il Siracusa andò avanti in coppa ma nonostante la vittoria sulla Sangiuseppese (che poi vinse il campionato) la vetta non fu mai a portata di mano perché i punti persi in casa o contro avversari di bassa classifica diventavano sempre più pesanti col passare delle giornate. Il girone d’andata si chiuse al quinto posto con 30 punti conquistati su 51 disponibili, a -6 dalla vetta.
Il girone di ritorno si aprì con clamorose goleade in casa ed inaspettati tonfi in trasferta, e mentre la Sangiuseppese andava via via a prendersi un campionato che le inseguitrici sembravano quasi volerle regalare, il Siracusa mutò il suo rendimento conquistando un punto in casa del buon Savoia in mezzo a 3 sconfitte contro avversari modestissimi.
Le proteste della tifoseria non si fecero attendere: a fine gennaio si fece, sul campo, una formazione con pannolini e numeri di maglia, due settimane dopo i dintorni dello stadio furono riempiti di scritte.
I musi lunghi lasciarono il posto allo scetticismo quando il Siracusa fu eliminato dal Rodengo Saiano in semifinale: vincere la coppa avrebbe praticamente garantito il ripescaggio in serie C2. La pesante sconfitta per 2-0 maturata in Lombardia era stata ribaltata con una meravigliosa rete del 3-0 di Romano in rovesciata, tra gli scroscianti applausi del pubblico. La squadra, affidata nel frattempo al sempreverde Paolo Lombardo, aveva per un attimo riacceso il lume della speranza. Gli ospiti, però, accorciarono le distanze e furono in vantaggio per effetto del gol in trasferta. Palumbo firmò il 4-1 e per un attimo l’impresa sembrò di nuovo fattibile, ma il Rodengo Saiano segnò prima il 4-2 che spostava gli equilibri nuovamente in suo favore, poi, con il Siracusa alla frenetica ricerca del quinto gol, riuscì a chiudere l’incontro siglando il 4-3. A dispetto del nome poco conosciuto, il Rodengo Saiano era una squadra forte, che approdò in serie C2 perché vinse il suo girone.
Lombardo lavorò molto per raggiungere i play off e affrontarli al meglio. Il portiere Casadei, non eccelso, era inamovibile perché le alternative in rosa non offrivano di meglio. I terzini si alternavano tra Tomacelli, Chiariello, Alletto e Liurni, la coppia centrale che andava affermandosi era composta da Iodice e De Pascale. Quest’ultimo era l’unico non juniores, l’unico con esperienza in una difesa che, seppur in crescita rispetto all'inizio della stagione, era ancora poco affidabile. Per inserire il valido Marcosano bisognava schierare uno juniores da qualche altra parte. Dalla cintola in su erano tutti senior: Di Maio, Pellegrino, Perrelli, Bontempo e Dima Ruggiano si giocavano 3 posti da titolare. Il trio composto da Bonarrigo, Romano e Palumbo aveva il gol molto facile. In vista dei play off in attacco ebbero ruoli importanti anche D’Aniello e l'ultimo arrivato Domenico Costanzo.
Lombardo seppe tirare fuori il meglio da una squadra allo sbando che risalì la classifica, arrivando al terzo posto e diventando una seria minaccia per tutte le avversarie dei play off.
I play off avevano un regolamento che, almeno nella parte iniziale, premiava molto la meglio qualificata, la quale disputava l’incontro secco in casa e passava il turno anche con il pareggio. Occorre ricordare che vincerli, come per la coppa Italia, non garantiva la promozione in C2 ma poneva la vincitrice e la finalista sconfitta in cima alla graduatoria dei ripescaggi per altrui fallimento. Furono, come sempre, una competizione a parte, dove tutto ciò che si era fatto nel corso della stagione si annullava e, oltre i primi due turni dove la classifica contava eccome, più che altro diventava importante lo stato psicofisico della squadra. Nel Siracusa tutto sembrava aggiustarsi, tranne i rapporti tra la tifoseria e il giocatore più importante, Gaetano Romano. Le cose si erano messe male già durante il campionato, quando il calciatore aveva rimediato alcune giornate di squalifica sputando addosso a qualche malcapitato avversario. Non aveva di certo giovato qualche prestazione negativa nel momento cruciale della stagione.
Tornando a parlare dei play off, per effetto del terzo posto in classifica, la prima sfida contro il Cosenza, quarto in classifica, si giocò al De Simone. L’incontro fu piuttosto teso dopo il gol del pareggio degli ospiti, perché diede loro il coraggio per provare il colpaccio e le energie per sfiorarlo. Ma Lombardo aveva trasformato un insieme di uomini in una squadra vera che seppe restare unita, riportarsi in vantaggio e chiudere l’incontro per 3-1.
A sorpresa la finale del girone la giocammo contro il Savoia che da quinto in classifica aveva espugnato il campo dell’Angri che aveva chiuso al secondo posto. Si giocò, quindi, di nuovo al De Simone. L’atmosfera finalmente fu quella dei grandi eventi: il silenzio di protesta di 7 giorni prima fu spazzato via da cori e incitamenti e il Siracusa, passato in vantaggio al 13’, riuscì a controllare l’incontro concedendo qualcosa agli oplontini senza però mai rischiare l’eliminazione.
I nostri play off si estesero quindi alla fase nazionale, il triangolare che per noi fu contro i temutissimi campani dell’Aversa Normanna e i friulani dell’Itala San Marco.
Giocammo la prima partita del triangolare in casa contro l’Aversa e, in una spettacolare cornice di pubblico, gli azzurri disputarono la migliore prestazione dell’intera stagione. Il risultato finale di 3-1 poteva anche essere più ampio, ma da un certo punto di vista fu anche una benedizione perché i campani nel turno successivo, sentendosi ancora in corsa per la vittoria dei play off, vinsero 3-0 contro l’Itala. La 50ª partita della stagione, a Gradisca d’Isonzo, la giocammo contro una squadra già praticamente fuori dai giochi (avrebbe dovuto vincere con 4 gol di scarto per passare il turno) e rientrava in squadra Romano, assente nelle prime tre partite vinte. La sconfitta per 1-0 che portammo a casa fu più che sufficiente per andare in semifinale. Non vi fu neanche l’incubo di venire eliminati, in favore dell’Aversa, se avessimo subìto il secondo gol: l’Itala nei minuti finali non forzò la ricerca di un gol inutile e al triplice fischio arrivammo tesi, ma neanche troppo.
La semifinale di andata al De Simone contro la fortissima Sibilla Cuma, seconda nel girone G, si giocò nervosamente anche per via della definitiva rottura tra un impalpabile Romano, in campo dal primo minuto, e la tifoseria. Gli ospiti si imposero per 1-0 costringendoci all’impresa nella partita di ritorno, privi del più forte attaccante che avevamo in rosa, andato via dalla città.
La semifinale di ritorno chiuse la stagione più lunga della storia del Siracusa, con 52 partite giocate, e anche quella in cui segnò più gol: ben 101. Due di questi li fece nei primi 50 minuti della sfida di Bacoli ma la Sibilla riuscì presto a dimezzare lo svantaggio, poi a pareggiare. A nulla valsero gli sforzi nei minuti finale, il gol non arrivò e in finale ci andò la Sibilla Cuma, per perderla ai rigori contro il Casale.
34 partite di campionato, 12 di coppa e 6 di play off, 28 vittorie, 11 pareggi e 13 sconfitte, 101 gol segnati e 59 subiti, tutto per restare in serie D.
A rendere meno amara la delusione fu la totale assenza di ripescaggi in serie C: i play off valsero solo per partecipare gratuitamente al campionato dilettantistico successivo per le due finaliste. I dilettanti sono un inferno da cui si fa una gran fatica a uscire.
Nonostante la campagna acquisti maestosa non si riuscì a trovare un portiere juniores di livello pari al resto della squadra. Ci volle il cambio di allenatore per trovare, dopo tre quarti di stagione, la formula giusta dei titolari in difesa e a centrocampo. L’infortunio di Ferrara passò in secondo piano grazie all’ottimo Palumbo e ai numeri incredibili dei suoi compagni d’attacco, ma gli attriti tra Romano (e altri) e la tifoseria di sicuro non furono positivi per l’esito della stagione. Il campo fu un giudice spietato e il portafogli pianse il fallimento su 3 fronti, ma alcuni calciatori rimasero e si riuscì a fare una buona squadra anche per la stagione successiva, nonostante il budget limitato. Unica soddisfazione della stagione fu la vittoria dello scudetto juniores dei dilettanti, ottenuto anche con l’impiego di alcuni juniores della prima squadra.