Il tifoso medio, solitamente, elogia i successi della propria squadra e ride dei fallimenti delle squadre avversarie. Di solito non si ferma a pensare cosa ci sia dietro un insuccesso. Questo è molto fastidioso innanzitutto perché denota una scarsissima cultura sportiva, in secondo luogo perché, soprattutto nel calcio “minore”, la ruota gira e prima o poi passare dagli inferi tocca a tutti. Con le dovute proporzioni, ovviamente.
Per voler fare un esempio, nella stagione 2012-13 di cui stiamo per parlare, tra Siracusa e Catania c’erano 9 categorie di differenza. Non lo avrebbe potuto prevedere nessuno, ma 4 anni dopo avrebbero giocato nello stesso campionato e, per giunta, gli aretusei avrebbero battuto gli etnei.
Passare dal sogno della promozione in serie B all’incubo del fallimento, fu probabilmente anche più traumatico dell’estate del 1995. Innanzitutto perché la categoria da cui si ripartì fu notevolmente più bassa (di ben 3 categorie), in secondo luogo perché si smarrì anche quella generazione di tifosi che era sopravvissuta alla tragica estate del 1995.
Di fronte all’immobilismo generale del settore politico e imprenditoriale, ci fu una banda di ragazzi che vollero evitare un nuovo periodo di vuoto calcistico, come era avvenuto tra il 1935 e il 1937. Leader di questo gruppo fu Gaetano Favara, nella doppia veste di presidente e calciatore (capitano), l’allenatore fu Adriano Lo Iacono. La squadra fu iscritta in terza categoria, la serie più bassa del calcio italiano.
La stagione fu un completo successo, sia in campionato che in coppa, soprattutto grazie ai gol di Mirko Bianchini (17), Massimo Albi (12), Vincenzo Midolo (11), Gaetano Favara (6), Gianluca Moncada (5) e Alessandro Reale (5). Ma importante fu l’apporto di tutti, Alessandro Battaglia, Giovanni Fiaschitello, Santino Lombardo, Andrea Maggiore, Danilo Mauceri, Alessandro Monachini, Daniele Piazzese, Sebastiano Reale, Marco Saraceno, Andrea Siringo, Siro Valvo, Antonio Zammitti e Salvatore Zammitti.
La stagione fu, come già detto, un completo successo, ma fu tutt’altro che semplice. A questi livelli una squadra che vuol vincere il campionato può sfiorare l’ “en plein”, vincendo quasi tutte le partite. Ma quando nello stesso campionato ci sono più squadre attrezzate, ogni singolo punto può diventare decisivo. Per via del pareggio contro il Portopalo alla quinta e la sconfitta contro il Sicilia Nostra la settimana successiva, proprio il Sicilia Nostra prese il largo in classifica con il Real Belvedere.
Tra turni di riposo dovuti prima a un numero dispari di partecipanti, poi anche per il ritiro del Floridia, il Siracusa conquistò la vetta solitaria solo a pochissime giornate dal termine, mantenendola fino alla fine. Questo fu reso possibile solo grazie ad una lunghissima serie di vittorie consecutive in campionato, ben 14, da quell'unica sconfitta al termine del torneo. Ad addolcire maggiormente la stagione fu la vittoria della coppa, arrivata qualche settimana dopo il trionfo in campionato.
Nota positiva della stagione fu il fatto che nonostante la categoria il pubblico siracusano non abbandonò la squadra, conscio del sacrificio che stavano compiendo i ragazzi in maglia azzurra e, certamente con presenze bassissime, fu presente dalla prima all’ultima partita.
La nota ancora più positiva fu che tutto ciò non passò inosservato e destò l’interesse di una famiglia siracusana già inserita nel mondo del calcio dilettantistico: i Cutrufo, proprietari del Palazzolo in Eccellenza. Lo scambio di titoli riportò il Siracusa in un campionato di livello più dignitoso, la quinta serie italiana, subito con l’intenzione di puntare alla promozione in D.
Una nuova pagina azzurra stava per essere scritta, ma la storia di questa stagione, quella del "reset", deve restare indelebile nelle menti dei tifosi azzurri, perché dimostra che il popolo aretuseo con l’orgoglio può prendersi ciò che gli viene ingiustamente sottratto.