La stagione precedente aveva visto gli azzurri scivolare da un piazzamento nei play off ad una semplice salvezza senza play out per via di ben 10 punti di penalizzazione. Di conseguenza la tifoseria guardava al futuro avvertendo una imminente catastrofe. L'enorme quantità di punti di penalizzazione palesava problemi finanziari che non lasciavano ben sperare per la salvezza del club.
Voci di corridoio sempre più insistenti accostavano al Siracusa l'imprenditore adranita Giovanni Alì, già presidente del Troina in serie D. La sua squadra, dopo aver sperperato ben 12 punti di vantaggio, uscì sconfitta dallo spareggio contro la Vibonese per stabilire la vincente del girone I che sarebbe stata promossa in serie C. Prima dell'inizio dei play off, Alì sciolse ogni dubbio e confermò le voci su un suo ingresso nella società azzurra nel caso in cui non fosse riuscito ad ottenere la serie C con il suo Troina. Ai play off gli ennesi furono sconfitti dall'Igea Virtus, questo diede inizio alle trattative con Gaetano Cutrufo.
L'accordo iniziale era l'acquisizione del 70% delle quote societarie, con il restante 30% che restava nelle mani di Cutrufo. La tifoseria siracusana in vista dell’accordo, pensò di essere “a cavallo”, ma quel cavallo distrusse il Siracusa calcio dall’interno, come fece quello ben più quello celebre della città di Troia.
Il sollievo per aver scampato l'ennesimo fallimento ravvicinato fu subito mitigato alla cessione dell'intero pacchetto. Segnali sconfortanti arrivarono anche dall'iscrizione al campionato di serie C, avvenuta in ritardo e causa di un punto di penalizzazione e dall'apertura di nuovi canali ufficiali sui social network, perdendo migliaia di utenti già iscritti ai precedenti. Anche la sede scelta per il ritiro precampionato, Troina, fu oggetto di disappunto da una tifoseria che voleva vedere con i propri occhi cosa si stava facendo alla gloriosa maglia azzurra. Era abbastanza evidente che qualcosa non stava andando nel verso giusto. Il “cavallo di Troina” aveva iniziato il suo iter distruttivo.
Fu durante la costruzione della squadra che quel che restava della tifoseria si divise in due schieramenti: da una parte i pochi "speranzosi", che volevano aspettare di vedere i risultati del campo prima di giudicare la rivoluzione attuata; dall'altra i molti "scettici" che fin da subito capirono, e i fatti gli diedero ragione, che il fallimento era stato solo rimandato di un anno.
Il nuovo direttore Nicola Santangelo, smentendo le dichiarazioni iniziali, realizzò un vero e proprio esodo di calciatori da Troina a Siracusa. Una squadra che pochi mesi prima sul campo aveva dimostrato di conquistare i play off e che aveva la difesa meno battuta dell'intera serie C, fu smantellata e ricostruita con calciatori che avevano dimostrato di non saper gestire 12 punti di vantaggio sulla seconda in serie D, né di vincere lo spareggio, né di vincere i play off.
Tra i partenti, a malincuore, vi furono anche Carmine Giordano e Fernando Spinelli, che più volte avevano dichiarato l'intenzione di restare in azzurro e chiudere la carriera con la maglia del Siracusa. Il loro addio fu mal digerito, come quello del portiere Matteo Tomei e di molti altri, perché furono sostituiti con calciatori di livello chiaramente inferiore. L'atmosfera che si era venuta a creare fin dal principio non lasciava ben sperare, soprattutto da un punto di vista organizzativo. In questo clima non proprio professionistico, Daniele Liotti decise di andare via, e fu una grave perdita per la squadra, perché nella stagione precedente aveva avuto un rendimento altissimo, tanto da aggiudicarsi il "Premio SiraPedia 2017-18". Ad attenderlo c'era un futuro verso la serie B. A restare furono solo Marco Turati, Luca Bruno, Manuel Daffara, Marco Palermo ed Emanuele Catania.
Nell'arco della stagione il Siracusa arrivò a schierare in campo ben 7 argentini, ma della grinta e della tecnica che contraddistingue i calciatori sudamericani non si vide neanche l'ombra. I principali volti nuovi furono Francesco Bertolo, Francesco Daniel Celeste, Mariano Fernando Del Col, Pasquale Di Sabatino, Modou Diop, Giacomo Fricano e il fratello Giovanni Fricano, Maurice Gomis, Giuseppe Messina, Vincenzo Mustacciolo, Facundo Gustavo Ott Vale, Nicolas Cesar Rizzo, Rodrigo Martin Tuninetti e il centravanti, presentato come un bomber di altissimo livello Federico Nahuel Vazquez.
La rivoluzione riguardò anche lo staff tecnico, logistico e comunicativo. Paolo Bianco non aveva moltiplicato pani e pesci, ma aveva comunque portato la squadra ai play off, sul campo. Al suo posto venne preso Giuseppe Pagana, privo del patentino di allenatore e per tale motivo affiancato da Ezio Raciti. La comunicazione fu affidata a Gisele Lobato, moglie di uno dei calciatori arrivati da Troina, argentina e con un curriculum importante, ma madrelingua spagnola, pertanto sui canali ufficiali si videro spesso errori che suscitarono un sarcasmo sempre crescente tra i tifosi, che la portò a rassegnare le dimissioni.
Gli animi si fecero ancora più cupi il 9 settembre, quando in un incidente automobilistico avvenuto durante la notte, perse la vita il giovane team manager Davide Artale. In macchina con lui il portiere Gomis, miracolosamente illeso.
La stagione iniziò ufficialmente il 5 agosto a Vibo Valentia per la coppa, una vittoria che illuse, ma per attendere il secondo match fu necessario aspettare un mese. A settembre iniziò il campionato e arrivarono le prime imbarazzanti esibizioni. Le importanti vittorie contro Paganese e Rieti furono offuscate non solo dalle tante sconfitte, ben 5, ma soprattutto dalla totale assenza di gioco. Carenze tattiche, tecniche e anche una condizione atletica approssimativa. Dopo quasi 4 mesi di lavoro, dagli inizi di luglio a metà ottobre, il Siracusa sembrava una squadra allo sbando e l'allenatore, più volte accusato di inadeguatezza per il ruolo che ricopriva, dopo una protesta veemente, rassegnò le dimissioni.
Poiché in un disastro completo non si può lasciare proprio nulla al caso, sulla maglia apparvero 2 sponsor catanesi, raffiguranti l’Etna e colori rossazzurri. La contestazione fu tale che la società fu obbligata a rimuoverli, col risultato che si giocò tutto l’anno senza sponsor principale, anche perché già a ottobre la dirigenza aveva perso la fiducia dell’intera città. Probabilmente già a ottobre i dirigenti avevano deciso che avrebbero abbandonato la città a fine stagione.
Ai primi di novembre entrò in società nel ruolo di vicepresidente Costanza Castello, con l’obiettivo di fare da collante tra dirigenza e tifoseria e di convogliare nel Siracusa nuovi investitori. Verso fine febbraio si dimise senza alcun preavviso e senza aver raggiunto alcun obiettivo tangibile.
A sostituire Pagana venne chiamato Michele Pazienza, che prima di essere a sua volta esonerato ottenne una sola vittoria, 3 pareggi e 3 sconfitte. La squadra tornò quindi nelle mani di Ezio Raciti e nel frattempo arrivarono a novembre Simone Russini e a dicembre Michele Franco. Quest'ultimo, però, fece appena in tempo a farsi notare, perché andò al Trapani, con cui vinse i play off per andare in B.
Sotto la guida di Raciti il Siracusa fece vedere qualche lieve miglioramento nel gioco, ma i risultati tardarono ad arrivare perché, comunque, l'organico non era all'altezza di ottenere la salvezza in serie C. Anche e soprattutto perché la società veniva continuamente deferita per ritardi nei pagamenti e accumulava punti di penalizzazione che rendevano tutto più complicato. Il presidente dichiarava che non ci sarebbero state altre penalizzazioni e che non vedeva l’ora di pianificare la stagione successiva per puntare più in alto, ma puntualmente veniva smentito dai fatti e a fine stagione i punti pagati in penalizzazioni furono addirittura 6.
Tra risultati che non arrivavano, stipendi non pagati, penalizzazioni e cambi di allenatori, il mercato invernale fu visto come l'ultima possibilità per cambiare rotta almeno fino a fine stagione, dove si sarebbe affrontato il problema dei debiti. Andarono via Celeste, Diop, Giovanni Fricano, Tuninetti e i due portieri Gomis e Messina, assolutamente non adeguati per la categoria. Tra i volti nuovi, tornarono al Siracusa Agatino Parisi e Filippo Tiscione, quest'ultimo dopo 15 anni, Luca Cognigni e soprattutto il portierone Diamante Crispino. Questi esordirono nella storica partita contro il Catania, unica vittoria in mezzo a 5 pareggi e 6 sconfitte. Tornò anche Nicola Talamo, che due anni prima aveva deluso e continuò a deludere, ed arrivò l'ivoriano Talla Souaré, che giocò poco ma si fece valere.
Con il Matera ormai ritirato dal campionato, bisognava mettere sotto la Paganese (ormai pressoché condannata) e almeno una tra Bisceglie e Rieti, con 6 partite da giocare. Con ben 4 vittorie e solo 2 sconfitte, gli azzurri non riuscirono a raggiungere il Rieti, ma tennero dietro Paganese e Bisceglie, entrambe retrocesse dopo i play out, ma poi entrambe ripescate. Sul campo, quindi, eravamo salvi.
Determinanti furono i gol di Vazquez, che non segnava da 5 mesi e realizzò ben 5 reti in quelle ultime 6 partite, e del sempreverde Catania, che in quelle stesse 6 partite andò in gol 3 volte, chiudendo la stagione come miglior marcatore azzurro con 10 reti, contro i 9 gol del compagno di reparto argentino. Memorabile fu la vittoria contro il Catanzaro, in cui Crispino riuscì a parare 2 rigori in poco più di un minuto, contribuendo in modo determinante alla vittoria degli azzurri, che ottennero la salvezza matematica con una giornata di anticipo.
Chiuso il campionato il 5 maggio, si poteva finalmente pensare solo alle vicende economiche e societarie.
La scadenza per presentare la domanda d'iscrizione era il 24 giugno, ma la società lasciò passare parecchi giorni prima di uscire allo scoperto con una dichiarazione che finalmente non lasciava spazio a dubbi: se non si fosse fatto vivo qualcuno a rilevare la società e pagare i debiti (stimati in oltre 1.500.000 €), il Siracusa non si sarebbe iscritto. La mancata iscrizione fu comunicata il 21 giugno, non tramite conferenza stampa, non in contraddittorio, ma con un semplice messaggio sui social media.
La mancata iscrizione da un certo punto di vista fu anche una liberazione, la stagione era stata gestita in modo imbarazzante sotto ogni punto di vista, al di là dei risultati che comunque sul campo avevano portato a salvare la categoria. Ma chiusa questa vicenda, ci fu da correre contro il tempo per ottenere almeno l'iscrizione in serie D e perdere, quindi, una sola categoria. Anche questa speranza, però, fu vana.